Settimane di continuo intenso caldo, anche la notte. Temperature che hanno superato i 46 gradi. Mentre tra gli esperti si dibatte su cosa stia realmente succedendo al nostro clima, le campagne pagano il più alto tributo. Gli orti sono bruciati. Tra maggio e giugno fu il maltempo a danneggiarli, ora è stato il caldo a distruggere ogni speranza. Nei negozi e nei centri commerciali già si percepisce dai prezzi in costante aumento che l’offerta di prodotti scarseggia. Accade proprio mentre la Sardegna è assaltata dai turisti e chi vive del duro lavoro dei campi sperava di poter guadagnare qualcosa in più da quel turismo che dura sempre troppo poco. Non va meglio nel settore vitivinicolo, il fiore all’occhiello dell’agricoltura del nostro Bel Paese. Parteolla, Marmilla, Sarrabus e Sulcis tra le aree più colpite. A sentire le associazioni di categoria già il 40-50% del raccolto tra i filari è andato perduto. In certe zone, però, è l’intera vendemmia che è ormai compromessa. È così, ad esempio, per le vigne del Signor Giuseppe Contu, 81 anni passati quasi tutti tra filari e botti. Finora non aveva mai abbandonato la sua terra, non si era mai arreso alle avversità, ma oggi è diverso. La voglia di gettare la spugna è tanta, anche tra i suoi figli che hanno seguito le orme del padre. Il nemico è troppo forte, troppo potente per poterci combattere da soli. Ormai rimane ben poco di quello che doveva essere il loro raccolto. Mentre vagano sconsolati tra i filari delle loro vigne i coltivatori mostrano a tutti le foglie ormai ingiallite di molte piante e gli acini dei grappoli rinsecchiti come qualcosa che è stato cotto al microonde o al vapore. Per molti è il tracollo di un sogno, a stento si trattengono le lacrime dalla rabbia. Si respira pesante tra la polvere della terra, l’afa la fa da padrone. Prima la peronospora, ora il caldo incessante con un’aria soffocante che nessuno ricorda di aver mai dovuto patire prima di oggi. Questi coltivatori sono solo l’ultimo emblema della sofferenza delle campagne e di tutti coloro che per tanto tempo si sono dedicati alla terra, quella che oggi è così bollente da seccare tutto. Sono loro tra i primi a pagare i costi diretti di questo cambiamento climatico ormai sempre più repentino. Solo due mesi fa hanno pagato un caro prezzo i contadini dell’Emilia Romagna a seguito delle alluvioni, poi quelli del Veneto e della Lombardia, ora tocca anche a quelli sardi. Nessuno è immune. Possono essere diversi i fattori scatenanti, ma il risultato è identico. Tutto il lavoro di una vita può andare in fumo nel tempo di qualche ora, persino minuti. Tra di loro anche giovani agricoltori che erano tornati alla cura dei campi come scommessa per il proprio futuro e come scelta per non emigrare. Sono proprio questi giovani, i più tecnologici, ad affidare ai social i video di ciò che accade nelle campagne tra siccità, caldo e improvvise tempeste. È ancora troppo presto ora per dire a quanto ammonteranno i danni nelle campagne sarde. Bisognerà capire se sarà persa solo la vendemmia, o buona parte di essa, oppure anche parte degli impianti. Alcuni comuni sardi, come Castiadas, hanno già adottato o lo faranno a breve la delibera di proclamazione dello stato di calamità, primo passo per chiedere alla Regione Sardegna tramite l’Agenzia Laore l’apertura delle pratiche necessarie per il risarcimento dei danni. Tuttavia, non è questo il problema maggiore, per quanto sia il più impellente per chi deve affrontare debiti, spese, mancati guadagni. Molti agricoltori cominciano a chiedersi se abbia ancora un senso e una speranza investire sulla terra, coltivarla perché passi in eredità ai figli e nipoti. Non c’è più una stagione che inizi o finisca senza qualche pesante anomalia climatica che rovina tutto e toglie il fiato a chi vive del proprio sudore sulla fronte. Già in tanti si domandano cosa accadrà quando queste ondate di caldo cesseranno. Inizieranno anche quaggiù, in Sardegna, a venir giù chicchi di grandine come fossero palle da tennis o si dovrà fare i conti con il vento tipico degli uragani che spezza ogni cosa? Quando c’è un danno tutti si chiedono e cercano di chi sia la colpa. È così che accade. Quindi di chi è la colpa stavolta e cosa si può fare per evitare che il deserto avanzi? Questa è la risposta più difficile da trovare ma se si vuole avere una speranza nel domani occorre trovarne una e anche in fretta. La politica deve impegnarsi a trovare soluzioni, il cittadino deve pretendere che ciò avvenga e vigilare affinché le promesse non restino tali. Se muore la campagna perisce anche l’uomo perché essa ci serve per vivere, non possiamo farne a meno.