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    Cambio clima taglia raccolti al Sud e aumenta al Nord dove l’ulivo è arrivato ai piedi Alpi

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    Ha il segno meno la produzione di olio extravergine di oliva quest’anno in Sardegna che però si distingue per l’alta qualità. È quanto emerge nella Giornata internazionale dell’olio festeggiata in tutti i mercati di Campagna Amica, dalle stime elaborate da Coldiretti Sardegna e l’Organizzazione produttori olivicoli Apos, quando ormai si è superata la metà della raccolta, si stima un calo di produzione di oltre il 30 per cento rispetto alle 3.613 tonnellate di olio prodotti lo scorso anno. Quella di quest’anno sarà una produzione inferiore alla media degli ultimi quattro anni (2018 – 2021) che è stata di 3.416 tonnellate.

    ITALIA. In calo anche la produzione nazionale, con – 37% secondo le stime Ismea insieme a Italia olivicola e Unaplol, con una produzione di 208mila tonnellate rispetto alle 329mila della campagna precedente. La produzione di olio divide l’Italia: si produrrà in meno al sud, otto Regioni compresa la Sardegna (tra queste anche Puglia, Sicilia e Calabria che da sole producono il 68% dell’olio evo italiano, il 41% solo la Puglia), mentre al centro nord il segno sarà positivo e solo in Campania la produzione sarà la stessa dello scorso anno.

    Anche a livello internazionale si avrà meno olio; con la Spagna (maggior produttrice mondiale) che registrerà un crollo tra il 30 ed il 50%. Tra i primi Paesi produttori si stima che solo la Grecia possa superare i livelli produttivi dello scorso anno portandosi sopra le 300 mila tonnellate, volume che le permetterebbe di superare l’Italia e di essere per quest’anno il secondo produttore mondiale.

    SARDEGNA. La situazione in Sardegna non è omogenea. Nel sud, infatti, dopo alcune stagioni negative, quest’anno la produzione è in rialzo nonostante la siccità e le alte temperature e sarà migliore rispetto alla disastrosa dello scorso anno. Male invece nel centro e nord Sardegna dove la produzione crolla dal 30 al 50%. 

    “Il motivo del calo produttivo – spiega Antonello Fois, presidente di Apos Sardegna e titolare di Accademia olearia ad Alghero – è dovuto da una parte all’alternanza insita nella tipologia di coltivazione, ma anche ai fenomeni di temperature molto elevate in un periodo delicato per l’annata che è quello della fioritura e allegagione fino ad inizio raccolto. Le alte temperature e le poche precipitazioni hanno quindi fatto soffrire le piante ed influito nella fruttificazione e quindi sulla produttività”.

    Secondo il presidente di Apos “il crollo di produzione di olio è generalizzato in tutto il bacino del Mediterraneo “in Puglia e Spagna, maggiori produttori si hanno produzioni dimezzate (-50%) rispetto allo scorso anno”. 

    Ma se si perde in quantità diverso è invece il discorso per la qualità: “il lato buono dell’aumento delle temperature è che ha inficiato il lavoro della mosca, evitando gli attacchi alle olive e consentendo di non fare trattamenti. Questo ci consente di avere un prodotto più sano e di maggiore qualità”.

    Il tutto all’interno di un aumento generalizzato dei costi: “è un argomento molto delicato che ci fa viaggiare su molte incertezze – evidenzia Antonello Fois – sono cresciuti sia quelli di produzione, preparazione e raccolta, con l’aumento del costo del gasolio in particolare e sia quello di trasformazione con il costo dei chilowatt quadruplicato. Costo che influisce anche su chi ha investito sul fotovoltaico in quanto non essendo ancora dotati delle batteria di accumulo per l’energia non sfrutta in pieno l’energia verde in quando il lavoro si concentra in un periodo in cui si ha poca luce”.

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