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    Campagna elettorale? Speriamo solo finisca presto.

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    Le liste dei candidati sono state presentate. Il tormentone è finito, la campagna elettorale può iniziare. In realtà è già cominciata da tempo, ma ora inizia quella ufficiale. Poco più di trenta giorni per sentirsi promettere di tutto. Nulla che non sia già successo negli ultimi trent’anni della nostra Repubblica Italiana, solo che oggi ne siamo tutti stufi. In questo mese che ci separa dall’apertura delle urne saremo chiamati a riflettere solo su una cosa: come ratificare scelte compiute da altri. Sì, proprio così, ratificare. Non sceglieremo noi il rappresentante migliore, costoro sono stati già selezionati dalle segreterie di partito, dai gruppi ristretti con potere di delega, da singoli leader. Noi dobbiamo solo scegliere il simbolo e la coalizione e porre la nostra croce. Forse neanche vedremo fisicamente il candidato che poi siederà come nostro delegato territoriale nelle aule del parlamento con in mano il destino nostro e dell’intero Paese. Forse qualcuno si ricorda chi è stato il suo deputato o senatore di riferimento territoriale in questo ultimo lustro? Hanno forse aperto un ufficio sul territorio per riceverci? Ci hanno dato, forse, il proprio numero di telefono o la mail per poterli contattare? Ci hanno, per caso, inviato a casa un semplice foglio A4 con scritto sopra cosa stavano facendo in Parlamento come nostri rappresentanti politici del territorio? Li abbiamo forse intravisti per strada a domandare come andasse la vita quotidiana dei cittadini e cosa servisse al territorio per affrontare le sfide e, soprattutto, la crisi? Boh, forse sarà anche successo da qualche parte ma io non me ne sono accorto. Oggi la politica si fa ovunque tranne che nei territori. Sentiremo tanti slogan, tante urla, tante polemiche, tante ricette. Ci sarà chi punterà sulla sua giovinezza politica e anagrafica, chi invece sull’esperienza, chi sulla coerenza e chi sui valori da difendere. Così all’infinito. Poi ognuno di noi voterà, forse. Non ci sarà alcun rapporto “umano” con il candidato fisico che per Costituzione deve, o dovrebbe, rappresentarci. Le tv e i giornali ci dicono che i giochi sono già fatti. Si sa già chi vincerà, chi saranno gli eletti sicuri, chi sarà persino ministro. Noi siamo percentuali anonime di sondaggi, questo siamo diventati. Già, ci vogliono rendere tutto più semplice e non si accorgono che così facendo trattano del voto popolare come di un giochetto per bambini dell’asilo dove i maestri sanno già cosa succederà alla fine perché sono loro gli adulti. L’elettore, ovvero noialtri, siamo ritenuti dei lattanti che non sanno scegliere per il loro bene e quindi ci impongono le regole del gioco scegliendo anche chi dovrà rappresentarci. Ci trattano come bimbi che bisogna portare per mano passo dopo passo magari elargendo qualche caramella di tanto in tanto. Scelgono per noi le coalizioni, i simboli colorati, le parole da inserire, gli slogan, i nomi di chi deve essere obbligatoriamente candidato (facendolo persino migrare dal proprio territorio), le figure che dovranno essere assolutamente elette e anche i collegi che devono risultare vincenti. Poi ci danno una scheda e ci chiedono di mettere sopra una croce. Purtroppo, però, questa è una fiction. Lo è perché noi non siamo bambini o fanciulli bisognevoli di favole. Gli elettori sono padri e madri che devono portare avanti una famiglia. Uomini e donne che hanno la responsabilità di uffici, imprese, società e impianti produttivi. Sono liberi professionisti, insegnanti, poliziotti, medici e infermieri, autisti, artigiani, cuochi e camerieri, pensionati e disoccupati, per fare solo alcuni esempi, che devono tirare la carretta di un Paese che non se la passa per niente bene. Meriteremmo tutti altro, almeno un trattamento dignitoso da parte di una politica che fino a ieri ha dato uno spettacolo indecoroso persino nella scelta del “meglio” che ci dovevano proporre. I problemi che ci assalgono e ci preoccupano non si fermeranno con l’inizio ufficiale di questa campagna elettorale. Resteranno tutti lì sullo sfondo ad aggravarsi ancora di più mentre la politica ci spingerà a seguire gli slogan e pretenderà da noi il tifo da stadio. Uno tra tutti il prezzo dell’energia che tra qualche settimana si approprierà di quasi metà dei nostri stipendi e di quel bilancio famigliare che dovrà fare i conti con tante ulteriori spese autunnali, prima tra tutte quella necessaria per far studiare i figli. Saremo bombardati in questi giorni da progetti mirabolanti, da promesse grandiose, da finte modestie e da ben calcolati “noi non promettiamo nulla però siamo i migliori”. L’unica cosa che dobbiamo augurarci per le prossime cinque settimane è che la campagna elettorale passi in fretta e si ritorni a quella normalità che ci serve per affrontare i veri problemi o, almeno, per poter capire e giudicare chi dovrebbe farlo. Votare è un diritto. Non possiamo negare che lo sia e dobbiamo ricordarci che tanti nostri avi hanno combattuto e dato la vita per questo diritto. Tuttavia, è anche vero che la pochezza della classe dirigente, i suoi sotterfugi e l’ipocrisia della politica nel lamentarsi di un sistema elettorale, che è stato scelto proprio per decidere al posto nostro senza avere mai la vera volontà di cambiarlo nonostante i proclami, ci inducono a riflettere sull’esercizio di tale diritto. Alla fine, ognuno deciderà secondo coscienza. Qualcuno dovrà governare per forza e non è detto che anche stavolta venga deciso dal popolo perché non è così che funziona, anche se ci viene raccontato diversamente. Cosa fare allora? Forse ci resta solo una via, mostrare alla politica che si può essere responsabili e far capire che il Paese è meglio di chi vuole per forza rappresentarlo.   

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