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Energie rinnovabili in Sardegna: un sacco travestito da progresso

Una delle tante pale eoliche impiantate in Sardegna

L’energia rinnovabile dovrebbe essere una benedizione, una risposta alla crisi climatica e alla dipendenza dai combustibili fossili. Ma in Sardegna, è diventata un incubo. Parchi eolici che spuntano come funghi e distese di pannelli fotovoltaici che inghiottono il territorio. Si parla di progresso, di transizione ecologica, ma la realtà è un’altra: stiamo assistendo all’ennesimo saccheggio di una terra sfruttata da sempre, ora mascherato da “sostenibilità”

La Sardegna, con le sue coste incontaminate, i suoi paesaggi mozzafiato, la sua storia millenaria, è ridotta a una fabbrica energetica per gli interessi di pochi speculatori. Gli stessi che con una mano stendono le pale eoliche e con l’altra contano i profitti. Non importa che stanno distruggendo uno dei patrimoni naturali più preziosi del Mediterraneo. Non importa che stiano rovinando l’anima stessa dell’isola. Quello che conta è riempire le tasche.

E la politica? Non è pervenuta. Pensiamo alla totale assenza di alcuni sindaci che hanno deciso di lasciar fare di neanche provarci a combattere questa speculazione.

I signori del vento e del sole hanno trovato terreno fertile: un’isola dove le decisioni sembrano essere prese senza un vero piano, senza visione a lungo termine, senza pensare alle conseguenze. Eppure, vent’anni fa, qualcuno aveva proposto una soluzione diversa, lungimirante, rivoluzionaria. Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica, (non una persona qualsiasi) aveva messo sul tavolo un progetto straordinario per la Sardegna: trasformarla in un faro mondiale dell’energia a idrogeno. Non un’utopia, ma un piano concreto, basato sul solare termodinamico a concentrazione, capace di produrre energia senza devastare il territorio. L’idrogeno sarebbe stato il “carbone del futuro”, come scriveva Jules Verne, e l’isola avrebbe potuto diventare autosufficiente dal punto di vista energetico, senza sacrificare i territori e la sua bellezza naturalistica.

Quel sogno è stato schiacciato, boicottato. Gli interessi del petrolio e del carbone non potevano tollerare una rivoluzione così radicale. E così, mentre nel resto del mondo si costruiscono centrali a idrogeno, la Sardegna è stata lasciata indietro, a inseguire le briciole di un futuro che avrebbe potuto essere il suo presente. I potenti del mondo energetico hanno boicottato Rubbia e la sua visione e i politici locali hanno fatto il resto: nessun coraggio, nessuna voglia di alzare la testa e dire no ai profitti facili, nessun interesse a proteggere la propria terra.

Oggi, l’isola si ritrova piena di pale eoliche che deturpano il paesaggio, di campi agricoli in cui anzichè grano o cereali sono nati panelli solari. Si parla di transizione ecologica, ma qui di ecologia c’è solo la facciata. Queste installazioni non sono pensate per il bene della Sardegna, ma per il profitto di pochi. E i sardi? Sempre più spettatori in una terra che non gli appartiene più. Progetti di “micro-interventi” presentati nel mare confuso del PNRR non cambieranno le cose, perché non sono altro che briciole incapaci di affrontare il futuro energetico dell’isola.

Ancora una volta, la Sardegna è usata come terra di sacrificio, con un piano energetico che sembra progettato per impoverirla ulteriormente, mentre i grandi dell’energia continueranno a comprare, vendere.

La politica sarda ha gli strumenti per invertire questo rotta, ma manca la volontà. In base allo statuto speciale, l’isola può produrre e distribuire energia in autonomia, ma chi sta sfruttando questo potere? Chi sta mettendo in campo una strategia che guarda davvero al futuro? Nessuno. Troppo impegnati a cercare di accaparrarsi favori elettorali o poltrone, i politici locali non si preoccupano di come l’isola viene violata e saccheggiata. Intanto, i sardi si ritrovano con il paesaggio devastato e un futuro energetico sempre più incerto. L’idrogeno, che avrebbe potuto essere la chiave per una Sardegna autonoma e prospera, è stato abbandonato a favore di progetti rapaci e distruttivi. È questa la transizione che vogliamo? Una transizione che distrugge i nostri paesaggi e ingrassa le tasche di pochi, mentre l’isola viene impoverita e sfruttata?

La Sardegna non ha bisogno di essere trasformata in un parco giochi per speculatori travestiti da salvatori verdi. Ha bisogno di una visione vera, di coraggio e di rispetto per il suo territorio e la sua storia. È il momento che i sardi alzino la voce, che si chieda alla politica di fare il proprio dovere, di proteggere la propria terra e di investire in un futuro energetico davvero sostenibile a partire dall’analisi della legge di iniziativa popolare “Pratobello 24”. Il progetto di Rubbia, con l’idrogeno al centro, è ancora possibile, ma serve volontà. Serve che qualcuno dica basta a questo saccheggio mascherato da progresso. Se la Sardegna deve diventare un modello energetico per il mondo, lo faccia seguendo la strada della vera innovazione, non quella della devastazione. L’isola merita di essere il cuore pulsante di un futuro migliore, non la discarica di speculazioni energetiche travestite da ecologismo di facciata.

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