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    Quanto mi piaceva Aldo Moro in giacca anche in spiaggia

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    Vi siete mai chiesti perché Aldo Moro vestisse in giacca e cravatta anche quando scendeva in spiaggia con i figli? Era per rispetto dell’istituzione che era stato chiamato a rappresentare. Certo, erano altri tempi. Ogni epoca ha i suoi costumi e oggi quei canoni di rispetto non esistono più, tuttavia ne resta la testimonianza e il bisogno di onorare la funzione pubblica che si ricopre. Noi tutti abbiamo commesso un grande errore. Abbiamo creduto che tutto il male che attanaglia l’Italia e la sua società fosse da attribuire esclusivamente alla mala politica di ieri, di chi ci ha preceduto. A loro ogni onta e ogni colpa di ciò che non va bene. Ci siamo illusi che il nuovo fosse comunque e sempre molto meglio del vecchio. Così migliore da ritenere che non ci si dovesse neanche più rivolgere a chi ci ha preceduto per carpirne qualcosa di utile e da imitare. Da quando abbiamo deciso di comportarci così non facciamo altro che rincorrere un capo che possa essere il condottiero tanto agognato. Prima Berlusconi, poi Prodi, poi Monti, poi Renzi e Grillo, poi Conte, poi Salvini e infine Giorgia Meloni. Ci siamo illusi che ciò che conta sia solo il leader, quella sorta di pifferaio magico a tempo da cui farsi ammaliare per un po’ per poi cambiare melodia quando ci ha stufato. È questa per noi la politica oggi. Inseguire un nuovo capitano, riporre tutte le nostre speranze su un capo che si spera possa far cambiare tutto e renderci felici. Non ci importa di vedere cosa c’è dietro, quale classe politica e dirigente ci viene proposta, chi dobbiamo scegliere per rappresentarci nei luoghi deputati a decidere del presente e del futuro del Paese. Ci basta un leader alla volta, se non è all’altezza lo si sostituisce in fretta con un altro. Ci innamoriamo perdutamente e di gran carriera di ogni leader fino ad esserne persino servili, poi lo buttiamo via quando ci rendiamo conto che le sue promesse erano solo tali. Questo modo di fare, che dipende da tanti fattori e dall’influenza che hanno avuto i media e stanno avendo i social nella nostra vita, ci porta a non pretendere che dietro a ogni leader ci siano uomo competenti, esperti, capaci, seri e, soprattutto, onesti. Crediamo basti la figura del leader a cui affidiamo ogni delega, ma non funziona così. Ecco perché ci troviamo ogni volta a fare i conti con scandali derivanti non solo dal malaffare ma anche, e soprattutto, dalla più completa incapacità a gestire la cosa pubblica e il ruolo che si ricopre. Potremmo qui usare un noto aforisma cinematografico “sotto il vestito niente”. Rende molto l’idea di cosa stiamo vivendo. La cultura del leader ci ha tolto tutto il resto e ha reso arido tutto ciò che invece deve essere fertile nella gestione del bene comune, ovvero il terreno della capacità di governare e amministrare con efficienza, efficacia, onore e serietà. Guardate al caso ultimo, quello dell’ex ministro Sangiuliano. È prima di tutto la cartina tornasole di tutto questo. Un ex ministro incapace e presuntuoso. Lo è sempre stato. Basta ricordare che da ministro si presentava ai concorsi letterari per votare libri che lui stesso affermava pubblicamente di non aver letto. Come se un professore desse il voto a un compito in classe senza correggerlo. Un uomo non all’altezza di essere ministro perché non ne è capace. Questo è il dato. Non ha la furbizia, la preparazione, l’esperienza e l’abilità per esserlo. Lo ha confessato in tv pubblicamente in uno dei momenti più bassi per le istituzioni pubbliche. Ha addirittura confessato che ha dovuto chiedere lumi a degli avvocati per capire che nominando la sua amante collaboratrice ci sarebbe potuto essere un conflitto di interesse. Neanche l’abc della pubblica amministrazione. A parte la vicenda del tradimento coniugale e via dicendo, ciò che è gravissimo è questa proclamata incapacità di sapere da soli cosa sia giusto o non lo sia. Abbiamo una classe politica e dirigente incapace, scarsa, messa lì a comandare e tenere le redini del Paese solo perché sono funzionali a un disegno politico di parte di cui sono fedeli esecutori, degli adepti sfegatati. A ben vedere ciò che è emerso da quella triste e desolante intervista è la figura di un ministro incapace che non ha neanche la forza di dimettersi nell’immediato perché delle sue azioni, persino quelle più personali e intime, probabilmente le decideva il suo capo politico, il leader. Dal racconto del ministro emerge un uomo traviato dal volere di altri, un uomo di Stato in balia del volere di tre donne. Prima l’amante per la quale ha scambiato il ministero con una ditta individuale, poi la moglie che gli ha imposto di stracciare la nomina già firmata a favore dell’amante e poi la presidente del consiglio che lo ha obbligato a restare in carica nonostante la dignità pretendesse altro. La carica di ministro dovrebbe essere riservata a persone capaci, quantomeno serie e competenti. Certo, non è sempre stato così, ma oggi si ha l’impressione che i ministri siano dei pupazzi in mano del leader che se li giostra come vuole, che siano dei suoi maggiordomi a cui devono tutto. Chiediamoci solo una cosa. Che autorevolezza potrà avere dora in avanti l’ex ministro Sangiuliano dopo tutto ciò che è accaduto? Sarà oggetto continuo di scherno, di derisione, di ironie e di sorrisetti ad ogni suo passaggio, incontro, meeting e altro a cui dovrà attendere. Colpiranno l’uomo, è vero, ma anche l’istituzione che rappresentava. Anche dentro i suoi uffici sarà ritenuto uno che non ha la schiena dritta, uno di cui avere forse anche pietà umana ma non rispetto. Peserà sempre per lui, nel giudizio che gli verrà attribuito, ciò che è accaduto.  Ecco perché Aldo Moro accompagnava i figli in spiaggia in giacca e cravatta. Perché doveva essere sempre degno del rispetto che si deve all’istituzione che si rappresenta. Tutto questo al di là della fragilità umane che ognuno di noi ha.

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