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    HomeCronacaGiallo sulla scomparsa di Francesca Deidda: parla la criminologa Margherita Carlini

    Giallo sulla scomparsa di Francesca Deidda: parla la criminologa Margherita Carlini

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    Ancora una volta, a far parlare dell’Isola, è l’ennesimo femminicidio che si è perpetrato a San Sperate dove, Francesca Deidda, sarebbe stata uccisa per mano di suo marito Igor Sollai. Il piano accusatorio delle forze dell’ordine parla di un assassino che avrebbe commesso un delitto in piena lucidità. Per fare chiarezza su queste dinamiche, abbiamo parlato con la nota criminologa Margherita Carlini, che è anche Psicologa Clinica e Psicoterapeuta oltre che essere esperta di violenza maschile contro le donne e valutazione del rischio di recidiva e di escalation delle condotte maltrattanti. Margherita Carlini collabora inoltre con le reti Televisive più importanti del panorama nazionale. 

    Secondo lei perchè tutto questo silenzio sulla scomparsa di Francesca Deidda?

    Molto spesso, in caso di scomparsa, si è portati a pensare che si tratti di un allontanamento volontario e quindi a ritardare le attività di indagini e ricerca. In questo caso credo però che gli inquirenti abbiano tenuto un basso profilo per poter acquisire elementi a carico del Sollai, che, in questi mesi, ha compiuto diversi errori macroscopici nella convinzione di aver posto in essere il delitto perfetto.

    In questo caso il presunto assassino ha avuto una mente lucida pianificando ogni aspetto, cosa porta un uomo a pianificare un delitto in ogni dettaglio?

    Molto spesso quando parliamo di femminicidi parliamo di delitti premeditati ed organizzati, che per quanto commessi con estrema violenza, nulla hanno a che vedere con raptus o agiti d’impegno. La violenza nelle relazioni di intimità è sempre una scelta che viene posta in essere in maniera consapevole per acquisire o mantenere un potere sull’altra, anche quando l’altra è diventata un problema che deve essere eliminato. Sempre la vittima viene deumanizzata e considerata come un oggetto. Per altro, in molti di questi casi, abbiamo degli assassini con un funzionamento di tipo narcisistico, che li porta pertanto a ritenere di poter agire convincendo gli altri di quella che è la propria verità. Il Sollai ha proposto versioni contrastanti, ha commesso errori grossolani pur mantenendo una sicurezza in se stesso.

    Le indagini dei carabinieri dimostrerebbero che Igor Sollai avesse anche l’amante. A suo avviso ha rischiato questa donna nel frequentare una persona che dalle indagini sembra abbia ucciso la propria moglie?

    No non credo. Le donne sono a rischio quando non aderiscono più alle aspettative di uomini di questo tipo, e al momento, non mi sembra sia questo il caso. Da quello che emerge, sembrerebbe piuttosto che il Sollai e questa donna abbiano “beneficiato” dell’assenza di Francesca per vivere la loro relazione a cielo aperto, frequentandosi anche in quella che era l’abitazione di Francesca, che per il marito era una donna scomparsa, che quindi sarebbe potuta tornare in qualsiasi momento.

    A suo avviso, cosa sta accadendo alla società alla luce di tutti questi femminicidi?

    Semplicemente, finalmente, stiamo ponendo attenzione su questo fenomeno. La violenza maschile contro le donne è sempre esistita ma fino a qualche decennio fa non avveniva una vera e propria quantificazione delle donne che venivano uccise. Oggi per altro le donne sono più consapevoli di essere vittime di violenza e degli strumenti che hanno per emanciparsi da una relazione maltrattante, questo, paradossalmente, le espone maggiormente al rischio di essere uccise perché il nostro sistema non è ancora pronto ad attivarsi concretamente in termini di protezione e tutela.

    In Italia sono numerosi gli appelli che si fanno a denunciare situazioni di potenziale pericolo; eppure, i dati dicono che ancora in pochi denunciano?

    Le donne denunciano poco perché hanno paura di non essere credute o di non essere protette adeguatamente. La loro è una paura fondata. Ci siamo muniti di strumenti giuridici efficaci a tutela delle donne vittime della violenza maschile ma ancora troppo spesso gli operatori e le operatrici che a vario titolo interfacciano con le donne non sono adeguatamente formati. Le donne, quindi, vengono rivittimizzate in quelli che sono soprattutto gli iter giudiziari.

    C’è un tempo in cui la coscienza vuole liberarsi di un peso importante come un omicidio oppure una persona può convivere tranquillamente con il crimine che ha commesso continuando a mentire a se stesso e agli altri?

    Se quella persona non viene percepita in quanto tale è difficile che il rimorso arrivi. Le menti di questi assassini pongono in essere delle distorsioni cognitive che li portano a legittimare le loro azioni.

    Secondo lei occorrono nuove leggi per prevenire questi crimini?

    Le leggi ci sono, possono essere perfezionate ma abbiamo ottimi strumenti. Il punto è la preparazione dei professionisti. Lavorare con la violenza maschile contro le donne impone di essere disposti a compiere anche un lavoro su se stessi come persone, per lavorare su quegli stereotipi che spesso ci portano a negare la violenza, a non riconoscerla, non proteggendo in questo modo le vittime.

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