Torna l’incubo della lingua blu. Sono 12mila i capi già coinvolti, 11 i morti, 7 i focolai attivi, 28 i sospetti e 32 gli estinti con i dati purtroppo in continuo aggiornamento. I focolai attivi si trovano nel basso Oristanese e in Ogliastra. I sospetti sono soprattutto nel Sulcis mentre molti di quelli già estinti si trovavano nel centro-nord Sardegna ed in particolare nella parte occidentale.
Lo scorso anno, anche se non raggiunse le percentuali drammatiche (tra capi coinvolti e morti) delle pesanti ondate che affliggono il comparto ovicaprino da oltre vent’anni, morirono oltre 30mila pecore e ne furono coinvolte oltre 1 milione. La Regione su pressione di Coldiretti Sardegna alla fine stanziò 7.100.000 di euro che non sono ancora arrivati nelle tasche dei pastori nonostante l’Organizzazione agricola avesse presentato un sistema che avrebbe consentito di liquidare le partiche in poche settimane.
“Non c’è tempo da perdere. È fondamentale attivarsi immediatamente con un piano di emergenza che limiti al minimo la diffusione della lingua blu e i suoi effetti nefasti che purtroppo conosciamo bene evitando la definitiva mazzata per un comparto afflitto dal caro prezzi e dalla pesante crisi economica che stiamo vivendo – afferma il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu -. Oltre ai pastori il virus colpisce anche gli allevatori di bovini, veri serbatoi del virus e vittime indirette con i continui blocchi della movimentazione che comporta gli esami della reazione a catena della polimerasi (PCR), con un costo di circa 25 euro, e trattamento con repellenti nei sette giorni precedenti la partenza dell’animale. Insomma rallentamento del mercato, costi elevati e rischio di tenere in stalla animali che vanno fuori mercato”.
In oltre vent’anni sono morte, secondo le elaborazioni di Coldiretti Sardegna, 800mila pecore e sono stati stanziati per gli indennizzi oltre 166milioni di euro. “Un salasso per le casse pubbliche e un forte handicap per gli allevatori che hanno perso in 20 anni circa il 30 per cento del patrimonio ovino oltre alle ingenti perdite indirette dovute alle mancate produzioni per aborti e postumi della malattia”.
La blue tongue è presente in Sardegna dal 2000 ed è anche questa una conseguenza dei cambiamenti climatici: le sciroccate provenienti dal Nord Africa hanno portato anche nella nostra Regione virus presenti prima solo in quelle terre. Quando comparve per la prima volta (2000 – 2001) – secondo il dossier di Coldiretti Sardegna presentato lo scorso autunno – la blue tongue fece una strage con 260.856 pecore morte il primo anno e 232.138 il secondo con una incidenza (della mortalità sui capi coinvolti) di circa il 20% e 18%.
Nel corso degli anni ci sono state altre ondate, le più importanti nel 2003-2004 con 995.546 capi coinvolti con 75.797 capi morti il 7,61%. Nel 2012-2013 capi coinvolti 147.148, morti 11.393 (7,74%). 2013 – 2014 capi coinvolti 1.730.493 con morti 113.780 (6,58%). 2017 – 2018 coinvolti 851.402 con morti 35.591 (4,18%). Quest’anno la percentuale della mortalità è tra le più basse con il 2,73% con 1.089.646 capi coinvolti e 29.737 morti.
“Vent’anni ci devono servire di esperienza – avverte Battista Cualbu – per questo non si deve perdere ulteriore tempo nell’attivare un piano di emergenza e adottando tutte le misure per contenere il virus, ma allo stesso tempo si devono indennizzare velocemente gli allevatori che hanno subito perdite lo scorso anno”.