Due skate e una palla per intrattenere i giovani: troppo rumore! Non si può fare.
Questa volta ho portato due skate e una palla per allontanare dalle “abbuffate” di vodka e marijuana i giovanissimi che trascorrono il sabato sera in Piazza Sant’Eulalia, in gravi condizioni di alterazione psicofisica. Risultato: i fedeli e i residenti hanno ritenuto il rumore intollerabile (secondo il loro punto di vista), al punto da chiedere l’intervento dei Carabinieri. I ragazzini che finalmente stavano provando un’esperienza alternativa allo “sballo” scappano, noi rimaniamo e veniamo identificati.
Ma il rumore, quello reale e assordante, manifestato dai tantissimi giovani che, dai dodici anni in su, passano il loro tempo in piazza, bevendo i super alcolici venduti dai commercianti della Marina e fumando la marijuana portata dagli spacciatori, non si sente abbastanza.
Forse è per questo motivo che i fedeli, impegnati nella Messa, non ci aiutano? Come possono rimanere inginocchiati difronte a Dio, sapendo che a pochi metri di distanza ci sono pre-adolescenti e adolescenti in grave difficoltà? Non sono un teologo, ma ipotizzo che Dio apprezzerebbe tantissimo un loro intervento, anche nell’ipotesi che ritengano i giovani il nemico da abbattere ricorrendo alle forze dell’ordine: “Se il tuo nemico ha fame, dagli del pane da mangiare: se ha sete, dagli dell’acqua da bere” (Proverbi 25:21).
E poi ci sono i residenti. Comprendo che anche per loro la vita alla Marina sia diventata un inferno e che, come i fedeli, desiderino una casa non infestata dai rumori dei giovani. Ma i ragazzini esistono, hanno importanti problemi sociali, familiari e individuali, che non possono essere gestiti con l’indifferenza. Perché il messaggio che è passato ieri sera è che se bevono e si drogano in silenzio, la situazione è tollerabile. Se però ci sono rumori, preciso che erano oggettivamente lievi, allora bisogna chiamare le forze di polizia. Mi chiedo allora, perché i residenti, alcuni sono educatori, operatori socio sanitari e genitori, non scendano in piazza, insieme a noi, per dare una mano ai giovani.
Una prima risposta, forse non esaustiva, è che l’odio – ma se il termine può sembrare eccessivo parliamo di fastidio – sia diventato una parte molto importante del problema e quindi dell’emergenza sociale e sanitaria.
I commercianti, quelli che non rispettano le regole, odiano i residenti perché segnalano costantemente la vendita di alcolici ai minorenni. I residenti disprezzano, oltre ai commercianti, soprattutto i politici del Comune di Cagliari perché da sempre latitanti rispetto al disagio giovanile. Ma, quando esagerano, detestano anche i ragazzini che portano il degrado nel quartiere. I fedeli, intanto, detestano i ragazzini che, a loro volta, odiano le forze di polizia. Comprensibilmente, immagino, Polizia e Carabinieri cominciano a non poterne più di ragazzini, residenti, fedeli e forse anche dei politici e degli operatori di strada.
Insomma in questa cultura dell’odio in cui tutti, tranne i commercianti che non rispettano le regole, hanno le loro validissime ragioni perché concentrati solamente sulla cura del proprio interesse soggettivo, gli unici a provare amore sono i ragazzini. Sono infatti innamorati della socializzazione e poi dei commercianti che vendono alcool e degli spacciatori che portano la droga!
Dopo sei mesi di frequentazione – dal mese di dicembre 2021 ogni sabato sera dalle 18.00 alle 20.00 operiamo nel quartiere La Marina – posso affermare che questi ragazzi non sono pericolosi, non aggrediscono gli adulti, ma sono fragili, disperati e bisognosi di attenzione. La nostra presenza – ascolto, interazione, dialogo – modula la loro aggressività (auto ed etero) e riduce i comportamenti a rischio.
La piazza, pensiamo a quella dei paesi in cui gli anziani stanno insieme ai giovani, è socializzazione. E nel quartiere della Marina si dovrebbero creare le condizioni, seguendo la Carta di Piazza Yenne, per sconfiggere l’odio con la parola e il dialogo.
Invece, due skate e una palla danno più fastidio dell’alcol e della droga.
OPERATORI DI STRADA ALLA MARINA – CHI SONO?
Si tratta di un gruppo di psicologi, psicoterapeuti, pedagogisti, assistenti sociali, docenti e avvocati che lavora gratuitamente con la strategia della “riduzione del danno”. Costretti in più occasioni ad assistere ragazzi e ragazze che svengono per strada, hanno rifiutato l’esiguo contributo del Comune di Cagliari, aggiudicato tramite bando, di euro 11.000 perché insufficiente per porre rimedio al disagio giovanile, un’emergenza sociale e sanitaria che si manifesta anche (ma non solo) nel quartiere La Marina.